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Alla scoperta del gin finlandese Napue

Ci siamo recentemente imbattuti nel gin finlandese Napue prodotto, a partire da un cereale di base che è in questo caso la segale, dalla distilleria di Kyrö.
Un totale di dodici botaniche secche e quattro fresche sono ridistillate per ottenere il prodotto finale. Tra queste, menzioniamo olivello spinoso, mirtilli e foglia di betulla.
Bevuto in purezza, alla gradazione di 46,3°, il sorso è di corpo ben oleoso e pungente con un amalgama ammirevole e poderoso di sentori balsamici e mentolati, complesse note fruttate (fra cui anche il citrico), e un’indole speziata – in particolare di pepe – a rendere la degustazione appetitosa e appagante.
Ma com’è avvenuto questo “storico incontro”? Occorre un flashback.

Tutto è cominciato con un gustoso aperitivo qualche giorno prima presso la Pasticceria Massimo 1970 (che si avvale anche di un eccellente servizio bar, oltre ad offrire squisiti preparati salati) dove il mixologist Luca Crinò, rinomato professionista del settore e originale creatore, ci ha preparato su nostra richiesta un cocktail Martini proprio con l’utilizzo del nostro gin Napue. I gesti decisi e armoniosi di Luca, corredati dalla sonorità del ghiaccio che veniva mescolato in un classico bicchiere mixer, hanno raggiunto il culmine con il trasferimento del trasparente e algido liquido in una elegante coppetta da cocktail Martini dalla foggia più ondulata rispetto alla iconica forma a cono rovesciato.

Rispetto alle sensazioni che avremmo registrato in seguito con la degustazione in purezza, l’abbassamento della temperatura, e la frazione di diluizione che deriva dal mixing in presenza di ghiaccio, hanno reso il sorso più succoso; e non solo nel più ovvio senso letterale del termine. Alle sensazioni che avremmo sentito poi in purezza si è infatti aggiunta una più spinta componente citrico-fruttata, mentre la componente aromatica “pepata” è rimasta ben distinta e ancora più elegante. Il preparato ha ceduto inoltre la sua corposità oleosa, mentre è rimasta buona la persistenza degli aromi in sede retronasale nel finale.

Un’arma segreta che Luca Crinò ha estratto dal suo arsenale di mixologist è stato il vermouth omonimo, che ha conferito a questo dry Martini quel giusto corredo di acidità che si richiede per l’occasione. E sì, perché abbiamo così scoperto che Luca è anche creatore di liquori in proprio, utilizzati poi nella sua arte della miscelazione. Il Vermouth Crinò N.5 è quello che è stato utilizzato per il nostro cocktail Martini che, nella declinazione “dry”, si usa solo per aromatizzare mixer e coppetta e poi si elimina.

Nel nostro caso Luca, dopo aver guarnito il preparato con un classico zest dalla buccia di limone, ha invece conservato la frazione usata di Vermouth N.5, dislocandolo in un secondo bicchierino che ha accolto in sé anche delle deliziose olive verdi di alta qualità: un modo alternativo per sorbire un perfetto dry Martini senza però perdere il piacere della variante “dirty”, facendoci così fare anche un inatteso quanto graditissimo “vermouth pairing” con il N. 5. Questo lodevolissimo vermouth ha saputo far evolvere il sapore dolciastro del marsala nel secco assoluto caratteristico dell’extra dry grazie alle alchimie liquoristiche di Luca Crinò.

La nostalgia di questo toccante aperitivo presso la Pasticceria Massimo 1970 ci ha indotto nelle successive settimane a procurarci il gin Napue e a riassaggiarlo per conto nostro, sia in purezza sia preparando dei cocktail Martini di rango domestico. Le emozioni sono quindi più volte rifiorite. E l’assenza della mano esperta ed efficace di Luca Crinò è stata almeno in parte compensata dal nostro tea pairing con cui abbiamo completato l’esperienza di degustazione di questo straordinario gin.

Se siete curiosi di conoscere quale tipo e varietà di the abbiamo scelto per un abbinamento orizzontale (e cioè a sorsi alterni) col gin Napue, la risposta è stata: un pu’ehr ossidato dello Yunnan cinese. Un the rosso (e quindi a tutta ossidazione) che ha però conservato un tasso di umidità residua, dopo l’essiccazione finale delle foglie, capace di innescare anche qualche frazione di fermentazione. Un the dal sapore dolce, dal corpo setoso e ricco di avvolgenti note pepate entrate in perfetta risonanza con le analoghe note del gin Napue, sia sorseggiando il the tiepido sia freddo in abbinamento – a seconda dei casi – al gin in purezza oppure alla versione dry Martini.

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Il tea pairing con l’Irish gin Minke

Decisamente guardinghi – se non addirittura sospettosi – verso il panorama dei gin new wave, ci eravamo riproposti di concentrarci quasi esclusivamente sui brand London dry all’ultimo White Spirits Festival nella ormai consolidata sede dell’hotel Marriott in via Washinton a Milano.

Se da un lato gli eccessi di adattamento del gin a palati più semplici hanno portato a veri e propri percorsi di snaturamento di questo distillato dalla sua identità originaria – con invadenti presenze di glucosio oppure con procedimenti di manifattura che determinano in realtà delle soluzioni ibride fra distillato e liquore, ai limiti dell’abuso di categoria – dall’altro lato è pur vero che nel campo del gusto uno dei rischi che sempre incombono è quello di finire con l’ammazzare la curiosità.

Ci ha pensato Taste Of Spirits – distributore in prevalenza di whiskey e gin irlandesi – a sollecitare la nostra attenzione, offrendoci un sorso del gin “Minke”, prodotto nella Clonakilty Distillery.
Ma questo stand è stato uno di quelli che più si sono distinti, nel fine settimana del festival, per l’originalità della comunicazione: “Fatti mandare dalla mamma a prendere un gin” era la scritta che si stagliava su di un cartello collocato in cima a un gran bidone per il latte. La surrealistica scena si spiegava poco dopo aver cominciato a parlare con l’(ormai) amico Beppe Durante, il quale ha spiegato come il gin Minke viene prodotto a partire da un distillato di primo grado ottenuto non dal convenzionale grano; ma da un siero di latte, opportunamente separato dalla parte grassa, al quale sono stati aggiunti subito dopo dei lieviti ad hoc per la successiva trasformazione in alcol etilico.

A questo distillato di base sono poi aggiunte le tradizionali botaniche, fra le quali spicca nel Minke la salicornia; una varietà di finocchio marino endemica lungo le coste atlantiche irlandesi. Ed è proprio questa pianta ad attribuire le più spiccate caratteristiche al Minke, con la sua indole sospesa fra terra e mare: questa pianta ha infatti la capacità di insediarsi anche su terreni salmastri, e questa circostanza è destinata a riversare i suoi effetti nel sorso di questo nettare.

Non si è certo in grado di ricollegare questo distillato alla materia agricola usata per la fermentazione dell’alcol: se non si sapesse che si tratta di siero di latte, non lo si potrebbe autonomamente immaginare. E, tuttavia, questa conoscenza forse spiega – a posteriori – una qual certa nota “appetitosa” che si accompagna al profumo e al sorso; e anche un corpo dalla delicata tessitura all’attacco, ma che sa cedere il campo subito dopo a un effetto più aspro (dovuto invece al gioco delle botaniche).

La sensazione ortonasale è quella di una profonda nota di ginepro, corredata da riconoscibili spunti iodati e speziati. Al sorso, il Minke rivela una sorprendente complessità: vellutato al palato al primo impatto, diventa subito dopo piccante e salmastro. Alle note aromatiche già percepite poco prima del sorso si aggiunge, in persistenza retronasale, una combinazione citrico-amaricante che si stabilizza in seguito con ulteriori toni balsamici e leggermente resinosi.

L’aggiunta di un goccio d’acqua ha l’effetto di rendere il sorso più aspro e ruvido fin dall’inizio con un più poderoso dispiegarsi degli aromi, amplificati in persistenza e redistribuiti anche qualitativamente in percezione retronasale. Due declinazioni entrambe interessanti e sicuramente da alternare, quelle consentite dall’aggiunta del goccio d’acqua.

Abbiamo sorseggiato il Minke accompagnandolo a sorsi di un the fermentato pu ‘ehr shu in versione loose leaves, dalla provincia cinese dello Yunnan, con foglie invecchiate dal 2005: note di terra e sottobosco di humus hanno egregiamente guarnito la degustazione, mentre il sorso di the assicurava anche la detergenza utile a rilanciare un nuovo sorso di Minke!

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Degustazione Scotch whisky single malt Springbank 10 y.o. in abbinamento al the oolong Dong Ding a media ossidazione

Il Team di “Bere whisky col the” degusta lo Scotch whisky single malt Springbank con 10 anni di invecchiamento in barili di sherry e bourbon. Impressioni personali sulle caratteristiche di gusto, e abbinamento al the oolong Dong Ding a media ossidazione dall’area centrale dell’isola di taiwan. La degustazione è suddivisa in due video successivi. Per ascoltarla, cliccare sui due link successivi :

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Doppio triangolo del gusto!

 

 

Martedì 17 aprile Home Restaurant Chez Sylvie ha ospitato una degustazione in abbinamento fra due single malt scotch whisky e due the appositamente scelti e selezionati per l’occasione secondo i principi e le linee di ricerca di “Bere whisky col the”.
Abbiamo per l’occasione coinvolto anche una terza espressione del gusto – solitamente grande amica tanto del whisky quanto del the (specialmente se si scelgono le tipologie più adatte al caso di entrambi i prodotti): il cioccolato della casa Piemontese De Martini.
In rappresentaza dell’azienda torinese è intervenuta la Signora del cioccolato, ovvero Mariella Maione, che ha ulteriormente arricchito il nostro incontro con i suoi interventi.

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La serata ha inizio con la descrizione dei prodotti. Si parte dal whisky del primo “triangolo”, per seguire poi con il the scelto per questo primo abbinamento.

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Dopo la descrizione dei prodotti, si passa a una prima degustazione abbinata assaggiando – in successione – prima il whisky e poi il the.

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Alle note aromatiche di arance rosse, frutti di bosco, echi di legno, frutta secca e cioccolata tipiche del Glenmonangie Quinta Ruban – si aggiungono le note caramellate, abbrustolite e di semi oleosi carattersistiche del Da Hong Pao, con un piacevole effetto armonico, mentre il the riesce contemporaneamente a svolgere una gradita funzione di detergenza.

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E, dopo aver ripetutamente sperimentato le assonanze aromatiche fra il whsky e il the – nonché l’effetto detergente del the sul carico alcolico – si passa alla degustazione della “Pralina di Cavour”, un articolo di cioccolato scelto per la sua capacità di armonizzarsi tanto con il Glenmorangie Quinta Ruban quanto con il Da Hong Pao.

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Mariella Maione (la Signora del cioccolato) interviene per spiegare in tutti i dettagli le caratteristiche della “Pralina di Cavour” in degustazione, facendo anche riferimento alle fasi del processo di produzione nonché allo stile aziendale di “Cioccolato De Martini dal 1930”. Questa speciale pralina è costituita da un involucro di cioccolato fondente che contiene una crema al cioccolato in cui trova posto come ingrediente anche un vino Barolo.

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Si parte adesso col secondo triangolo del gusto! E si comincia dall’isola di Islay in cui si trova la distilleria Laphroaig. Si passa così a descrivere le caratteristiche del secondo whisky in degustazione.

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Il the scelto in abbinamento è, questa volta, un Pu ‘Ehr Shu. Si tratta di un the fermentato della provincia cinese himalayana dello Yunnan: un the dalle spiccate note di terra umida, sottobosco e funghi secchi che – bevuto dopo il Laphroaig spiccatamente torbato – produce un gradevole effetto di moderazione e modulazione delle caratteristiche note fumose e fenoliche di questo whisky.

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Dopo alcuni sorsi di whisky, si passa a sorseggiare il the commentando le sensazioni ricevute da questo accostamento con gli ospiti. Ma arriva, anche in questo caso, il momento di aggiungere alla duplice degustazione lo special guest di “Cioccolato De Martini dal 1930”: il “Gianduiotto Sabaudo”. È stata anche la fragrante pungenza della crema di nocciole contenuta in questo prodotto a suggerire l’attacco di un whisky particolarmente torbato come il Laphroaig con dieci anni di invecchiamento.

 

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Anche in questo caso, Mariella aggiunge informazioni e dettagli sul “Gianduiotto Sabaudo” in degustazione durante questa seconda tornata.

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Abbinamento fra Whisky Glenmorangie Quinta Ruban, single malt Scotch whisky delle Highlands 12 anni, & The Da Hong Pao, oolong di roccia (Wu Yi Shan) ad alta ossidazione. Special Guest: “Pralina di Cavour” – pralina al Barolo (De Martini cioccolato)

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Alle frontiere del whiskey americano

Per prenotazioni contattare gli organizzatori della serata all’indirizzo e-mail berewhiskycolthe@gmail.com

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Questa volta il Team “Bere whisky col the” porta la sua attenzione al whiskey americano con la selezione del brand Bulleit, declinato nella versione bourbon (a prevalenza di mais) e nella versione rye (segale).

Si tratta di prodotti molto raffinati, per la cura e per la strategia della manifattura e, dopo averli degustati in purezza, li abbineremo a due the oolong top grade appositamente selezionati allo scopo con un singolare percorso di accostamento a sorpresa!

Di sorprendente ci saranno però anche i gustosi biscotti neozelandesi “Afghan” fatti da Home Restaurant Milano – Chez Sylvie, che pure sono stati selezionati per completare il quadro di questa degustazione.

Nel corso della serata, racconteremo la storia e le caratteristiche dei whiskey americani, parleremo del brand Bulleit e daremo qualche spiegazione sui due the scelti per l’abbinamento; offrendo poi anche delle direzioni di approfondimento in materia di the.

N.B.: Cliccando sul link “Tickets” si accede ad una piattaforma per la prenotazione dell’evento in cui le informazioni già fornite qui sono ripetute in inglese solo per motivi tecnici. Questo evento si svolgerà in lingua italiana.

Prodotti in degustazione:
Bulleit Bourbon
Bulleit Rye
Bai hao oolong
Da Hong Pao oolong
biscotti neozelandesi Afghan